Negli ultimi anni le carriere professionali sono diventate sempre più frammentate, “liquide”. Se in passato la maggior parte delle persone rimaneva nello stesso posto di lavoro per tutta la vita, oggi non è più così.
Considerando anche l’allungamento dell’età lavorativa, rimanere all’interno di una stessa azienda o anche solo di uno stesso settore è raro. I giovani lo danno per scontato, ma è ormai assodato anche per i meno giovani: non è detto che faremo lo stesso lavoro per sempre, e non c’è niente di male.
La pandemia e il fenomeno della Great Resignation hanno spinto le persone a porre una nuova attenzione sul tema del lavoro. Si è più disposti a cambiare, pur di fare qualcosa che si ami davvero. E non è così impossibile anche decidere di re-inventarsi completamente, ripartendo da zero, svolgendo lavori per cui non si hanno esperienze pregresse.
Se da un lato i recruiter sono consapevoli dei cambiamenti sociali in atto, dall’altro ai loro occhi spiccheranno i “buchi” e le inversioni di rotta nel curriculum. Ecco perché una carriera non lineare va raccontata, ed è importante farlo bene.
Da dove partire?
Anno sabbatico? Un “pieno” di esperienze
Il primo “buco” che sempre più italiani hanno nel proprio CV è quello del cosiddetto anno sabbatico. È un trend in costante ascesa che interessa i giovani dopo la maturità, ben 1 su 10, (nel 2021 interessava l’11% dei teenager e nel 2022 il 13% secondo uno studio condotto da Skuola.net), ma anche chi ha già iniziato a lavorare ma vuole prendersi una pausa per riflettere sul proprio futuro e sulle scelte da fare.
Cosa spinge a prendersi un anno sabbatico? Sicuramente la voglia di fare esperienze e di andare oltre al classico percorso scuola-lavoro. C’è poi la volontà di ritagliare del tempo per sé stessi e staccare la spina, mettendo in primo piano il proprio benessere psicologico. Ma c’è anche la componente dell’incertezza e del disorientamento, elementi che spaventano i giovani che entrano nel mondo del lavoro. Il timore di compiere scelte errate porta a “rimandare” le decisioni cruciali, prendendosi del tempo in più per fare scelte consapevoli e rischiararsi le idee sul futuro.
Gli anni sabbatici, così come eventuali altre “pause” tra un lavoro e l’altro, non vanno nascoste, bensì evidenziate. Non serve spiegare perché ci si è presi la pausa (questo è a discrezione di ciascuno) ma è importante invece raccontare cosa è stato fatto durante quel periodo. Cosa si è imparato e in che modo la nuova prospettiva ha portato a una crescita personale.
Percorsi non lineari: cambiare scuola, città, lavoro è ok
Leggiamo sempre più spesso storie di persone che hanno lasciato il proprio lavoro, magari un posto “sicuro”, per dedicarsi ad altro. Alcune si sono totalmente re-inventate, altre si sono dedicate alla libera professione, altre si sono trasferite.
I motivi alla base dei cambi radicali possono essere molti. A cominciare da quelli personali, per esempio: un amore in un’altra città? Motivi familiari che riportano nel luogo di origine? La necessità di lavorare in determinati giorni e orari per conciliare vita personale e professionale?
C’è poi chi cambia perché guidato dall’avere più interessi disparati, chi ha voglia di imparare cose nuove e cambia frequentemente, chi cerca un ambiente di lavoro differente.
C’è anche chi viene licenziato, ebbene sì: non bisogna vergognarsene. Essere licenziati oggi non vuol dire necessariamente aver commesso errori o non essere all’altezza. I momenti di disoccupazione nella carriera e nei curriculum non sono qualcosa da considerare in modo negativo.
In questo scenario così complesso, si può parlare con naturalezza dei cambi di rotta professionali.
L’importanza delle soft skills
Le competenze acquisite in passato possono essere ri-utilizzate in nuovi ambiti e in nuovi settori, portando una visione differente rispetto ai collaboratori che hanno già esperienza radicata in quel settore.
Allo stesso tempo, le soft skills diventano il fil rouge fra esperienze di lavoro diverse. Il carattere e la personalità assumono un ruolo di rilievo all’interno di un cv o un colloquio di lavoro.
Chi ha una carriera non lineare avrà probabilmente creatività, capacità di problem solving, flessibilità, adattamento, velocità di apprendimento… Saprà affrontare le sfide in modo innovativo, trovare soluzioni fuori dagli schemi e creare ponti tra mondi separati. Sono proprio queste competenze trasversali a rendere un profilo unico e appetibile agli occhi dei recruiter.
Carriera non lineare, le esperienze da valorizzare nel CV
Come tradurre tutto questo nel proprio CV? Dietro i passaggi da un’esperienza all’altra c’è una storia che merita di essere raccontata, e il curriculum vitae è lo strumento per farlo (qui puoi trovare dei modelli di CV da scaricare gratis).
Il CV dovrebbe rispondere a tutte queste domande:
- Quali sono le competenze acquisite in ciascuna esperienza e che potrebbero rivelarsi preziose anche nella nuova avventura?
- Quali sono i principali problemi risolti con successo nell’ambito di ogni passata
esperienza? - Quali sono le qualità personali che hanno fatto la differenza?
Piuttosto che proporre un “elenco” di posizioni ricoperte, è bene puntare sulle competenze acquisite. A questo scopo, nulla vieta di raggruppare le esperienze per “competenze” anziché presentarle nel tradizionale ordine cronologico.
Per focalizzarsi maggiormente sulle soft skills è possibile anche prevedere una introduzione al CV, oppure aggiungere una lettera di presentazione in cui mettere sinteticamente in luce i punti di forza del proprio percorso non lineare.
Trovare un senso nella propria storia professionale ed esplicitarlo brevemente nella presentazione o in cima al curriculum darà al recruiter una chiave di lettura.
Infine, dimostrati pronto e volenteroso nell’imparare ciò che ancora non sai!
Vorresti cambiare settore, città, impiego, routine?
Stai cercando di costruire una carriera soddisfacente, incentrata sul tuo potenziale?