Lo stipendio medio in Italia nel 2024 è soddisfacente? Qual è il rapporto tra retribuzione, soddisfazione lavorativa ed engagement? In uno scenario economico come quello attuale, caratterizzato da inflazione e incertezze economiche, i datori di lavoro hanno aumentato le retribuzioni?
A queste domande ha risposto il Salary Satisfaction Report 2024 dell’osservatorio JobPricing, realizzato per il secondo anno consecutivo in collaborazione con InfoJobs, intervistando 4.423 lavoratori dipendenti rispetto ai sistemi di reward loro applicati in rapporto al tipo di lavoro svolto e ai criteri di gestione HR adottati dai datori di lavoro.
Stipendio medio Italia 2024: bene ma non benissimo
Dalla survey emerge che lavoratrici e lavoratori sono tendenzialmente insoddisfatti rispetto al loro pacchetto retributivo. I meno soddisfatti in assoluto sono coloro il cui pacchetto retributivo è composto solo dalla retribuzione fissa.
Il 36,2% delle persone reputa lo stipendio proporzionale al proprio contributo all’organizzazione, e solo chi ha accesso ad una quota variabile individuale e ad incentivi di lungo termine dà un giudizio leggermente positivo rispetto al legame tra performance e retribuzione.
C’è più trasparenza, ma poca meritocrazia
Rispetto allo scorso anno, l’indice legato alla trasparenza è quello che ha subito un incremento maggiore. Quasi la metà delle persone rispondenti ritiene di conoscere criteri e procedure legati agli incrementi di merito; solo lavoratrici e lavoratori che percepiscono la sola retribuzione fissa non sono soddisfatti della trasparenza delle proprie aziende. Conoscere non significa condividere, e infatti ben due intervistati su tre dichiarano di non condividere i criteri di gestione di aumenti e premi.
Invece, l’indice di meritocrazia registra il valore più basso in assoluto: l’insoddisfazione rispetto a questo tema è diffusa in tutte le fasce di lavoratori – ad eccezione dei dirigenti – e prescinde dal pacchetto retributivo percepito.
Le donne si sentono ancora discriminate
Equità, meritocrazia e collegamento tra performance e retribuzione sono gli indici in cui si rileva maggiore insoddisfazione delle donne rispetto agli uomini, a riprova del fatto che le lavoratrici percepiscono chiaramente una discriminazione di trattamento, che porta a manifestare un maggior grado di insoddisfazione rispetto a quello degli uomini.
Questo risultato non è sorprendente, data l’esistenza di un differenziale di genere nel lavoro e nella retribuzione ampiamente discusso e approfondito da studi istituzionali e non.
Lo stipendio non aumenta nonostante l’inflazione
In generale tra le lavoratrici e i lavoratori c’è poca fiducia sul fatto che le aziende per cui lavorano interverranno per compensare le perdite di potere di acquisto causate dall’inflazione.
In uno scenario economico pesantemente condizionato dall’aumento dei prezzi al consumo e con il potere di acquisto eroso dal caro vita, la maggior parte delle persone intervistate non ha beneficiato di alcun intervento e non si aspetta nemmeno interventi futuri.
Dove c’è stato un intervento, sembra che le aziende non abbiano individuato un’unica modalità, ma abbiano scelto in maniera differenziata se agire sugli stipendi fissi, su quelli variabili, sull’introduzione di benefit o di quote welfare, senza una netta prevalenza.
Scegliere, cambiare o restare nella propria azienda: cosa influisce di più?
Più dell’85% delle persone rispondenti sarebbe disponibile a cambiare lavoro e più di una persona su tre cercherà attivamente nuove opportunità. Quasi la metà delle persone rispondenti crede di poter migliorare la propria soddisfazione solo cambiando azienda, e un 11,2% di rispondenti è inoltre pessimista riguardo alla sua possibilità di poter avere una condizione di lavoro migliore. In ogni caso, 4 rispondenti su 10 pensano di poter negoziare condizioni migliori nella loro attuale azienda, probabilmente a fronte del fatto che più della metà dei datori di lavoro non ha eseguito interventi in ambito retributivo.
La retribuzione fissa è, oggi come negli anni precedenti, fattore decisivo per la scelta del posto di lavoro. Tuttavia, i cinque elementi successivi in classifica – seppure abbian anche risvolti economici – riguardano le leve cosiddette “intangibili” (relazioni positive, possibilità di carriera, contenuto del lavoro e formazione), ossia quegli elementi di ricompensa non misurabili e percepibili a livello monetario o di servizi.
Lo stipendio non è tutto
Cambiare lavoro, se non avviene a causa di offerte monetarie “irrinunciabili” o con l’obiettivo di sposare nuovi progetti, è una scelta dettata dall’insoddisfazione provata dalla persona. Questa mancanza di soddisfazione può essere legata a diversi fattori: un fallimento delle aspettative legate allo sviluppo della carriera e/o una crescita retributiva insoddisfacente; fattori di contesto, quali la flessibilità oraria o il rapporto con le/i colleghe/i, o, ancora, una perdita della motivazione verso il lavoro connessa al contenuto del lavoro stesso.
Decidere di mantenere il proprio posto attuale è una scelta che riflette una situazione di complessivo benessere, che non è necessariamente determinata dalle componenti della retribuzione monetaria o tangibile.
Si decide di restare in azienda per lo più per elementi intangibili, considerati ugualmente im- portanti (relazioni, ambiente di lavoro, flessibilità di orari), mentre le lavoratrici ed i lavoratori valutano di lasciare l’azienda soprattutto per lo stipendio – che rimane il principale elemento di valutazione – e per opportunità di crescita professionale.
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