I salari medi annuali dei lavoratori e delle lavoratrici possono essere diversi per svariati motivi.
Se esistono delle situazioni che oggettivamente determinano salari diversi, vi è spesso una radice discriminatoria legata a un diverso trattamento tra uomini e donne nel mercato del lavoro.
Vediamo alcuni esempi.
Le donne preferiscono il part-time: scelta o costrizione?
I dati Istat ci dicono che l’Italia vede una diversa diffusione del part-time: il 34% delle donne lavoratrici ha un contratto part-time, contro il 9% degli uomini.
Si può ragionevolmente dire che, lavorando meno ore in un anno, i salari annuali sono per forza differenti.
Tuttavia, questa situazione nasconde una discriminazione legata al fatto che sono le donne ad essere in qualche modo socialmente costrette a rinunciare al lavoro per dedicarsi alla cura dei figli e della famiglia. I dati OECD stimano che le donne italiane si occupano per circa cinque ore al giorno in media al lavoro di cura non retribuito, mentre gli uomini non arrivano a due e mezzo.
Se uomini e donne dividessero in maniera equa le cosiddette “faccende domestiche” e il tempo dedicato ai figli, probabilmente più donne sceglierebbero di lavorare full-time.
Essere o non essere mamma? Questo è il problema.
La maternità, oltre a costringere molte donne ad abbandonare il mondo del lavoro, è anche causa di una minor crescita retributiva, sia rispetto a coloro che non diventano genitori, sia rispetto ai padri che non vivono la stessa situazione.
Il salario delle madri è il 6% in meno rispetto a quello delle lavoratrici non madri.*
Il gap sulla retribuzione è determinato dal maggior tempo dei colleghi uomini da investire nel lavoro con una conseguente progressione più rapida di carriera e salario.
Tuttavia, come per il part-time, anche questa disparità nasconde una questione spinosa: se a un periodo di maternità si affiancasse un periodo di paternità di egual misura, questa “penalità” inciderebbe molto meno sulle differenze salariali.
Alle donne non interessa fare carriera…ma siamo proprio sicuri?
Un’altra motivazione fondamentale legata al divario retributivo è che le donne a capo delle aziende sono in numero drammaticamente inferiore rispetto agli uomini: le donne dirigenti nel settore privato sono solo il 17% di tutti i dirigenti.
È chiaro, dunque, che se i salari dei dirigenti sono quelli più alti, e le donne dirigenti sono la minoranza, in media i salari degli uomini tenderanno a essere maggiori rispetto a quelli delle donne.
C’è ancora chi giustifica la minor presenza di manager donne dicendo che alle donne interessi maggiormente la famiglia della carriera.
Tuttavia diverse ricerche dimostrano che le performance finanziarie delle aziende con a capo una donna siano migliori di quelle con a capo gli uomini, e che le donne percepiscono una disparità di trattamento rispetto ai colleghi uomini.**
Come si combatte il Gender Pay Gap?
Siamo convinti che per combattere il Gender Pay Gap sia necessario in prima battuta documentarlo: per questo pubblichiamo annualmente il Gender Gap Report che fotografa lo stato dell’arte delle differenze di genere nel mercato del lavoro del settore privato in Italia.
Il report è una delle principali fonti dati in Italia ed è utilizzato dai media e dalle istituzioni per documentare, informare e combattere il Gender Gap.
Il nostro lavoro è reso possibile grazie a tutti gli utenti di StipendioGiusto.it, la piattaforma in collaborazione con InfoJobs che aiuta le persone a farsi un’idea più chiara rispetto alla propria retribuzione e fornisce guide e documenti utili per verificare e migliorare la propria posizione contrattuale.
La svolta è dietro l’angolo, non perdiamo la bussola.
Con la redazione della Strategia Nazionale per la Parità di Genere, l’Agenda Politica ha messo in prima linea la questione di genere.
Le Politiche Attive per il lavoro incentivano l’occupazione femminile come mai prima d’ora, insieme a tutte le categorie che sono state maggiormente colpite dalla crisi da Covid-19 e l’interesse delle aziende verso la gender equality non è mai stato così forte .
La legge di bilancio 2021 riconosce l’esonero contributivo alle aziende che assumono donne nel biennio 2021-2022, nella misura del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 6mila euro annui
Sono piccoli passi ma che devono condurre a un’equità non solo sulla carta, ma anche nelle tasche delle lavoratrici.
E ora trova l’offerta adatta alla tua carriera professionale.
*Quanto mi costi: l’effetto maternità sulle donne” di Casarico, A. e Lattanzio, S., pubblicato su lavoce.info del 06 marzo 2020.
**Si vedano le ricerche di https://www.catalyst.org/.
Cerca lavoro come autista patente c cqc esperienza di 3 anni 3297972614
Condivido quanto letto
Grazie per il tuo contributo Sandro. Buona giornata
Possiamo raccontarci di tutto ma la verità è una sola anche se siamo nel 2021 la discriminazione è ancora viva radicata nell’essere umano c’è ancora tanta strada da fare troppo è il bigottismo insito in noi
La strada è tanta, ma qualcosa si muove. Grazie per il tuo contributo