Quando viene pagato il TFR
Il TFR deve essere corrisposto al lavoratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro (e quindi indipendentemente dalle motivazioni che l’hanno determinata), fatto salvo il caso di integrale destinazione alla previdenza complementare.
A chi può essere anticipato
La legge prevede alcune ipotesi tassative nelle quali parte del TFR accantonato può essere anticipato nel corso del rapporto. La richiesta di anticipazione è soggetta a regole molto rigide:
- il lavoratore deve avere maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro;
- l’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 70% del trattamento spettante nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta;
- l’anticipazione deve essere anche contenuta nei limiti del 10% degli aventi diritto e, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti;
- l’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
Per quali motivi
La richiesta deve essere poi giustificata dalla necessità di:
- eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile;
- eventuali spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e per formazione del lavoratore.
I Contratti Collettivi hanno la facoltà di fissare condizioni di miglior favore per l’erogazione di anticipazioni del TFR, nonché stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle relative richieste.
Fino al 31 dicembre 2006, il TFR restava in azienda fino alla cessazione del rapporto, salve le eventuali anticipazioni richieste dal dipendente. La gestione del trattamento, inoltre, era completamente rimessa al datore di lavoro.
A decorrere dal 1° gennaio 2007, invece, ciascun lavoratore dipendente deve decidere, entro 6 mesi dall’assunzione, se destinare il proprio TFR da maturare alle forme pensionistiche complementari o mantenere lo stesso presso il datore di lavoro.
Se la scelta non viene effettuata in modo esplicito, il TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto di lavoro ovvero, se il contratto individua più fondi, in quello al quale è iscritto il maggior numero di dipendenti dell’azienda (cosiddetto “conferimento tacito”).
Se il lavoratore decide invece di lasciare il TFR in azienda (qualora di tratti di azienda con almeno 50 dipendenti, il TFR viene versato al Fondo Tesoreria dello Stato presso l’Inps), questo mantiene tutte le caratteristiche già esaminate, con particolare riguardo alla possibilità di ottenere anticipazioni ed il pagamento integrale alla cessazione del rapporto di lavoro.
La scelta di destinare il TFR ad un fondo pensionistico è irreversibile, mentre nel caso in cui il lavoratore decida di lasciarlo in azienda questi potrà sempre cambiare idea e destinare il TFR futuro ad un fondo di previdenza complementare.
A cura dell’Avvocato Gianluca Crespi | Elexia