Almeno una volta nella vita ci siamo passati tutti: il colloquio parte con il piede sbagliato, non riesci a trovare un terreno comune e sembra che l’unica cosa che la persona dall’altro lato della scrivania – il recruiter – voglia fare sia metterti in difficoltà.
Senza apparente motivo, hai davanti un interlocutore che nella migliore delle ipotesi ti sta facendo muro e nella peggiore è apertamente ostile. Domande inopportune, modo di fare aggressivo, tutto quello che dici viene in qualche modo frainteso e assume un significato del tutto diverso, quando non completamente distorto.
Come uscirne?
Analizza il contesto
Sei un nostro lettore, di certo ti sei preparato per bene al colloquio. Utilizza le informazioni che hai raccolto sull’azienda e sulla posizione per cui ti sei candidato per cercare di capire il perché di quel comportamento.
Nel tuo lavoro avrai a che fare ogni giorno con l’ira funesta altrui? Dovrai placare clienti ostili nel tuo ruolo futuro? Interloquire con persone scontente sarà il tuo pane quotidiano?
Se la risposta è affermativa, ti sei già risposto da solo: potrebbe essere un tentativo di testare come reagisci alla negatività in un contesto professionale.
Come reagire? Sereni e composti
Durante il colloquio sarà fondamentale rimanere composti, con un atteggiamento sereno e professionale, a prescindere da quanto la situazione possa sembrare più un interrogatorio che un colloquio di lavoro. Quindi, rispondi alle domande del recruiter con calma e rispetto. Evita di metterti sulla difensiva e non ti andare a impelagare in discussioni basate sul nulla, che sono controproducenti, soprattutto per te: il tuo obiettivo non è quello di avere ragione, ma di ottenere il lavoro. O almeno, di passare allo step successivo dell’iter di selezione.
Questione di sguardi (e occhiatacce)
Dopo aver dato quella che pensi sia una risposta solida a una delle domande del colloquio, incontri sopracciglia alzate e uno sguardo perplesso. L’entusiasmo è evaporato. C’è un problema con la tua risposta?
Al posto di fare supposizioni e abbattersi (in quel momento, è inutile perdersi nel fare castelli in aria e rimuginare su quello che avresti dovuto dire, in quale modo avresti dovuto dirlo e con quale tono) blocca la negatività sul nascere e sii diretto.
Chiedi al recruiter: “Forse sono stato poco chiaro. Vuole che approfondisca alcuni aspetti della mia risposta?”
Questo darà al selezionatore la possibilità di spiegare quello che non lo ha soddisfatto e ti darà l’opportunità di riformulare la risposta. È importante affrontare quanto prima qualsiasi confusione; altrimenti il colloquio potrà prendere un binario morto, senza chance di recuperare la situazione.
Specchio riflesso
Se l’atmosfera del colloquio rimane tesa, prova a cambiare rotta, porta la conversazione su un tono più costruttivo e positivo, cercando di far parlare il tuo interlocutore. Puoi farlo formulando domande precise e pertinenti sulle dinamiche del team in cui sarai inserito, sui percorsi interni di carriera o sugli obiettivi futuri dell’azienda. In generale è il momento di porre tutte quelle domande che sì, possono servire a disinnescare un atteggiamento ostile, ma che servono anche a te per fare le debite valutazioni e capire se quel posto di lavoro fa per te, oppure no. Essere assertivi è sempre il miglior approccio in questi contesti, anche quando dall’altra parte stanno facendo strategia per capire quanto reggi la pressione.
No, non è stratega, è str*nzo!
E poi sì, capita che non stia facendo strategia e che sia antipatico per davvero. Il recruiter non è una creatura mitologica da temere e riverire. È una persona normale, che può essere frustrata o stressata come chiunque altro, che ha il suo set di problemi personali. Problemi personali che, siamo d’accordo, non dovrebbero mai influire sulla sfera lavorativa, ma è appunto un essere umano che può sbagliare, anche a spese dell’immagine aziendale. Oppure, potrebbe essere proprio così di carattere e avere quel modo di interagire con il prossimo, magari senza neanche rendersene conto. A prescindere dalla ragione, non prenderla mai sul personale e tieni sempre a mente che non puoi agire sulla motivazione della sua ostilità, temporanea o perpetua che sia. Ricorda che il tuo approccio in questi casi può solo essere di tipo reattivo.
Considera le implicazioni del suo atteggiamento
Chiediti però cosa ti dice questo tipo di comportamento sull’azienda e se influisce sul tuo interesse a lavorarci. Il recruiter è una figura interna o esterna all’azienda? Questo atteggiamento caratterizza il selezionatore come persona o è determinato dalla cultura aziendale? Vale anche la pena chiedersi quanto spesso avrai a che fare con questa persona, anche se questo non è necessariamente indicativo di ciò che potresti aspettarti se accettassi il lavoro.
A prescindere dalla motivazione, hai tre alternative:
Opzione 1: Metti le cose in chiaro
A seconda di ciò che è successo e soprattutto se le azioni del selezionatore sono state di estrema scortesia e maleducazione, non è del tutto fuori questione esprimere il tuo dispiacere e far capire che ci sono certi limiti su cui non sei disposto a soprassedere. Se scegli questa strada, assicurati di farlo con calma, in maniera educata e spiegando la tua percezione della situazione in relazione ai tuoi sentimenti, piuttosto che con fare accusatorio. Tieni sempre presente che affrontare l’ostilità in modo aperto è una mossa ad alto rischio e bassa ricompensa, a meno che tu non abbia già deciso che il loro comportamento ha ridotto a zero il tuo interesse per l’offerta di lavoro per cui stai sostenendo il colloquio. Se scegli questo percorso, sai già che potresti aumentare il livello di ostilità e diminuire le chance di essere richiamato per un secondo colloquio. Ma il recruiter potrebbe anche correggere il suo comportamento in corso d’opera o dare un giudizio positivo al tuo rispetto di te stesso.
Opzione 2: Fai finta di nulla
Non sei obbligato a riconoscere o contestare un comportamento scortese. Puoi ignorare del tutto l’altrui ostilità, se non addirittura rispondere con maggiore cordialità. Reagire alla maleducazione con la cortesia può essere disarmante e dimostra che il tuo comportamento non dipende da come si comportano gli altri. Forse ancora più importante, questo approccio dà la possibilità di riportare l’attenzione sulla selezione e sul lavoro, senza rischio di far degenerare la situazione.
Opzione 3: Tante care cose
Ogni colloquio di lavoro è una strada a doppio senso e se non ti piace come vieni trattato da un’azienda, non c’è niente di male a decidere che questo non è un datore di lavoro per cui vuoi lavorare. Puoi sempre informare con gentilezza che, ora che disponi di nuovi elementi di valutazione, non sei più interessato alla proposta e preferisci cercare un nuovo lavoro in un diverso contesto che meglio si adatti alle tue esigenze.