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Gender pay gap: esiste? Cosa lo determina?

Quando si parla di differenziale tra uomini e donne, diversi studi misurano il divario di genere in qualsiasi ambito di applicazione (società, cultura, economia, etc.). Secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, ad esempio, potrebbero volerci ben 132 anni per raggiungere la piena parità. Se l’obiettivo di ridurre il gap di genere è al centro delle principali politiche programmatiche dell’ONU (Agenda 2030), dell’UE, che ha delineato una Strategia per la parità di genere, e anche dell’Italia, attraverso il PNRR, di strada ce ne è ancora da fare, e in particolare nel nostro paese.

Una delle dimensioni più citate per qualificare il gap tra uomini e donne, e oggetto di questo articolo, è il differenziale salariale. Esso è il conseguente risultato di differenti fattori che incrociano una effettiva discriminazione retributiva di genere a una composizione del mercato del lavoro che, come si vedrà, impatta negativamente sul livello retributivo delle donne in confronto a quello degli uomini.

L’Osservatorio JobPricing, che monitora le retribuzioni del settore privato, per l’anno 2021 ha registrato un pay gap calcolato sulla RGA (Retribuzione Globale Annua, comprensiva della parte fissa e della parte variabile), in Full Time Equivalent (FTE) pari al 12,2%.

Vista in un’ottica temporale, in confronto agli uomini è come se le lavoratrici italiane iniziassero a percepire uno stipendio l’11 febbraio, lavorando regolarmente dal 1° gennaio.

Sono molteplici i fattori che determinano tale gap e che possiamo approfondire:

  • Il livello di istruzione è un fattore decisivo perché influenza non solamente i livelli occupazionali, ma risulta fondamentale per accedere a percorsi di carriera più remunerativi. Si può osservare come il differenziale tra le retribuzioni degli uomini e delle donne cresca enormemente passando tra il gruppo dei non laureati (8,4%) e quello dei laureati (22,5%), e in particolare raggiunga la sua massima ampiezza tra i profili che hanno in possesso un Master.

RAL media e gender pay gap per livelli di istruzione, anno 2021 (euro e percentuale)

Titolo di studio RAL Uomini   RAL Donne   PAY GAP 
Scuola dell’obbligo 26.172 € 23.816 € 9,0%
Diploma di scuola professionale 26.955 € 25.639 € 4,9%
Diploma di scuola media superiore  30.911 €         27.499 € 11,0%
Laurea triennale 32.889 € 27.731 € 15,7%
Master di I livello 51.304 € 34.494 € 32,8%
Laurea magistrale 46.961 € 36.509 € 22,3%
Master di II livello 61.123 € 42.953 € 29,7%
Dottorato di ricerca 49.349 € 39.666 € 19,6%
  • Il pay gap cresce al crescere dell’età anagrafica, come suggerisce il grafico successivo.

grafico JP gap

Ciò è dovuto da un lato a una indubbia penalità salariale legata alla maternità che per le lavoratrici italiane è stata stimata in -53% del salario pre-maternità a quindici anni dalla maternità e in un salario settimanale inferiore del 6% rispetto alle lavoratrici senza prole.

Il cosiddetto “soffitto di cristallo” è il secondo aspetto a influenzare questo gap: un oggettivo ostacolo alle donne nell’avanzamento di carriera, che gli impedisce di ricoprire ruoli più vicini al vertice aziendale, e quindi meglio pagati, all’interno delle organizzazioni. Nel settore privato le donne rappresentano il 17% dei dirigenti e il 31% dei quadri, una reale segregazione verticale che ha un conseguente impatto nella crescita retributiva (più rallentata) delle donne nel corso della propria carriera lavorativa. Se poi si analizza l’ambito ristretto dei ruoli apicali delle società quotate, le Amministratrici Delegate rappresentano solamente il 5% (10 su circa 200 società), e solo nel 14% delle società una donna ricopre il ruolo di Presidente del CdA.

  • – Parlando invece della concentrazione femminile in alcuni settori di mercato, uno dei principali fenomeni osservati indica come i settori di mercato a maggior rappresentanza femminile quelli dove la componente operaia è più elevata e, conseguentemente, con il livello retributivo più contenuto. Si tratta dei settori del commercio e di molti ambiti dei servizi, dell’Ho.Re.Ca. e dei settori manifatturieri tradizionalmente femminili anche nei ruoli produttivi come il tessile e abbigliamento. Analizzando il compenso medio, il caso dei servizi finanziari è un esempio di effetto della segregazione verticale: è un settore con una significativa componente manageriale in cui la presenza delle donne è ancora ridotta e, dunque, il gap retributivo è significativo (17,2% a favore degli uomini). Viceversa, nel settore dell’edilizia la segregazione è orizzontale e il pay gap risulta in favore delle donne (15,8%), in quanto la popolazione operaia è quasi totalmente maschile, mentre quella impiegatizia è in maggioranza femminile.

In conclusione possiamo affermare che la discriminazione salariale non solo esiste ma, come è lecito aspettarsi, è percepita e non proprio ben vista dalle donne. L’indagine annuale dell’Osservatorio JobPricing sulla soddisfazione sul proprio pacchetto retributivo (Salary Satisfaction Report) fa emergere un nuovo gap di genere che testimonia la percezione delle lavoratrici sul loro trattamento economico.

Su una scala di soddisfazione che va da 0 (totalmente insoddisfatto/a) a 10 (completamente soddisfatto/a). In generale, le donne sono meno soddisfatte del loro pacchetto retributivo, con un gap di 0,6 punti; il grado di insoddisfazione femminile è maggiormente marcato (1 punto) nella dimensione data dalla percezione di meritocrazia nell’accesso a promozioni, bonus e/o aumenti retributivi nell’azienda.

 

Note: Pay gap non aggiustato sul salario annuale in FTE, espresso in percentuale del salario maschile. Osservatorio JobPricing 2022

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