Poca soddisfazione al lavoro, voglia di cambiare per migliorare la propria condizione economica e crescere professionalmente, questo il panorama che emerge dai lavoratori italiani. E’ ciò che emerge dall’indagine InfoJobs, “Upskilling e Reskilling” [1] realizzata per capire come sta evolvendo lo scenario del lavoro guardando soprattutto alla soddisfazione e all’approccio dei lavoratori, tra la volontà di crescere in azienda o affrontare nuove sfide professionali.
L’indagine, che indaga il desiderio di assumere più competenze (upskilling) e la volontà di acquisirne di nuove per cambiare ruolo (reskilling), rivela come gli italiani vivano con più frequenza colpi di fulmine e passioni temporanee per l’azienda in cui lavorano.
Innanzitutto, il 48,6% dei candidati intervistati non è appagato dal lavoro attuale e si sta guardando intorno alla ricerca di una nuova occasione professionale capace di colmare il vuoto di soddisfazione attuale.
Ma quali sono i fattori che influenzano la scelta tra restare e andare? E cosa hanno fatto le aziende?
Al primo posto la possibilità di avanzamento di carriera e la realizzazione degli obiettivi professionali (38,8%), seguiti da motivi economici o contrattuali (37,7%) e dalle relazioni con capi e colleghi (12,8%).
Secondo il 71,2% dei rispondenti la loro azienda non ha messo in campo azioni concrete per trattenere i talenti. Sembrano essere una minoranza i lavoratori che hanno beneficiato di leve importanti di retention come gli aumenti di salario e i benefit (importanti per il 12% degli intervistati), la formazione (7,5%), il lavoro ibrido e la flessibilità oraria (6,8%) e i percorsi di carriera chiari e strutturati (2,4%).
Quali sono invece le leve motivazionali per rimanere in azienda?
L’upskilling può essere un incentivo per trattenere i talenti perché significa credere nel dipendente e investire per la sua formazione e per la sua crescita (47,7%). Meno percepito quale leva per evitare la fuga dall’azienda è il reskilling visto solo dal 22,3% dei rispondenti quale ventata di novità. Tuttavia, per il 30% dei candidati, quando la decisione di lasciare l’attuale posto di lavoro è presa, non ci sono argomenti validi per far cambiare idea a un lavoratore.
Infine, ma non meno importante, il dialogo si conferma un elemento essenziale per costruire buoni rapporti al lavoro; il confronto fra pari, fra capo e riporti, e con le risorse umane, sono parti fondamentali del lavoro in azienda oltre che momenti utili per condividere opinioni e restituire commenti costruttivi sull’operato.
Tuttavia, la cultura del feedback è percepita dal solo 17,2% come un modo indispensabile per lavorare bene e per favorire il raggiungimento degli obiettivi aziendali indipendentemente dall’età. E se un timido 7,5% la vive nella propria azienda e crede che la sua percezione differisca in base all’età, per il 30,2% non è un qualcosa a cui viene dato il giusto valore. Per altri (19,1%) non funziona perché spesso il feedback diviene una critica non costruttiva e da aiuto volto a migliorare assume la caratteristica di eccessivo controllo sull’operato.
[1] Indagine svolta a fine 2023 da InfoJobs su un campione di 158 aziende attive in piattaforma in tutta Italia e 1.316 candidati, dai 18 anni in su.