C’è un momento nella carriera lavorativa in cui si saluta un’azienda e si incassa qualcosa di atteso, a volte anche inaspettato: il TFR.
Il Trattamento di Fine Rapporto è un diritto economico che matura nel tempo, ma di cui si capisce davvero poco fino a quando arriva il momento di riceverlo. E qui iniziano le domande: quanto si prende? Quando lo si riceve? E soprattutto, quanta parte va via in tasse?
In questo articolo proviamo a fare chiarezza sul tema della tassazione del TFR, con un linguaggio semplice, pratico e – perché no – anche un po’ umano. Perché dietro ogni cifra, c’è sempre una persona.
Cos’è il TFR e perché è importante capirne la tassazione
Il TFR è una somma che il datore di lavoro accantona anno dopo anno per il lavoratore. Si chiama “trattamento di fine rapporto” perché viene liquidato alla fine del rapporto di lavoro, sia in caso di dimissioni, licenziamento o pensionamento. È una sorta di “salvadanaio” obbligatorio che cresce silenziosamente nel tempo e che rappresenta spesso un’entrata significativa quando si cambia lavoro o si chiude un capitolo professionale.
Ma attenzione: il TFR viene tassato. La cifra che arriva in tasca al lavoratore è soggetta a tassazione, e il modo in cui viene calcolata l’imposta può incidere parecchio sull’importo netto.
Come si calcola il TFR e quali imposte si pagano
Ogni anno, il datore accantona una quota pari a circa il 6,91% della retribuzione lorda annua, rivalutata ogni anno in base all’inflazione. Queste quote si sommano nel tempo fino a formare il montante complessivo che verrà erogato alla fine del rapporto.
Al momento della liquidazione, l’Agenzia delle Entrate calcola l’imposta separata usando una formula che tiene conto della media dei redditi imponibili degli ultimi 5 anni. Quindi, non si guarda all’ultimo stipendio, ma a una media, per evitare picchi di tassazione ingiustificati. È un sistema pensato per essere equo, ma non è sempre facilissimo da interpretare senza l’aiuto di un consulente.
Quanto è la tassazione sul TFR
Qui arriva il nodo centrale. La tassazione del TFR non segue le regole dell’IRPEF classica, ma è soggetta a un’imposta separata. Tradotto: viene tassato in modo diverso rispetto allo stipendio. L’idea alla base di questa tassazione separata è evitare che il TFR finisca per spingere il reddito annuo in uno scaglione più alto, facendo pagare più tasse di quelle dovute.
In media, la tassazione effettiva si aggira intorno al 15%–23%, ma può variare a seconda di quanto tempo si è lavorato, del reddito percepito e di eventuali acconti o anticipazioni già ricevuti. L’aliquota è più bassa per chi ha lavorato a lungo nella stessa azienda, grazie a una sorta di “premio fedeltà fiscale” che riduce l’imposizione dopo 15 anni di servizio.
Essere consapevoli della tassazione del TFR aiuta a gestire meglio il proprio patrimonio e a prendere decisioni più informate. Non è raro, infatti, che molte persone si sorprendano negativamente quando ricevono meno di quanto si aspettavano, senza sapere che quella differenza è andata in tasse. Per evitare brutte sorprese, è bene chiedere un calcolo anticipato dell’importo netto spettante.
Che tassazione ha il TFR se destinato a un fondo pensione
I lavoratori dipendenti del settore privato possono scegliere tra due opzioni di destinazione del loro TFR maturando: lasciarlo sotto forma di liquidazione in azienda (o presso il Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS per i dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti) o versarlo ad un fondo pensione.
In questo secondo caso, la tassazione cambia: si passa da una media del 15–23% a un’imposta agevolata che può scendere fino al 9%, a seconda degli anni di permanenza nel fondo. Un bel risparmio, soprattutto se si pensa a una pianificazione di lungo periodo.
In dettaglio, nei primi 15 anni di permanenza, la tassazione è del 15%, che poi diminuisce dello 0.3% annuo fino a raggiungere la tassazione minima del 9% dopo 35 anni. Ciò significa che più a lungo si lascia il TFR nel fondo pensione, minori saranno le tasse. Questo è un elemento da considerare con grande attenzione, in quanto, quando si fanno considerazioni sui fondi pensione, sui rendimenti e su vantaggi fiscali, si deve sempre pensare alla prospettiva di lungo periodo.
In più, destinare il TFR a un fondo pensione consente di integrarlo con versamenti volontari e beneficiare di deduzioni fiscali. I più giovani, spesso precari o con carriere discontinue, possono usare questo strumento per costruire una base previdenziale più solida.
Quando viene erogato il TFR
La tempistica dipende dal tipo di contratto e dal settore. Nel settore privato, il TFR deve essere liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro, di solito entro 45 giorni, salvo accordi diversi. Nei casi in cui l’azienda sia in difficoltà o si ricorra al Fondo di Garanzia INPS (ad esempio per fallimento), i tempi possono allungarsi, anche fino a diversi mesi. In alcuni casi il lavoratore può ottenere anche l’erogazione anticipata di una parte di TFR: ecco come richiederla.
Per i dipendenti pubblici le cose cambiano: il TFR (o più correttamente TFS, Trattamento di Fine Servizio, per alcuni) viene erogato in tempi decisamente più lunghi. A volte, si parla di uno o due anni, con il pagamento che può avvenire in una o più rate. Anche qui, vale la pena tenersi informati e pianificare per tempo.
Ognuno può scegliere come utilizzare i soldi ricevuti dal TFR. Per chi sta cambiando lavoro o sta attraversando un periodo di transizione professionale, il TFR può rappresentare un’entrata utile per sostenersi, investire in formazione o lanciarsi in un nuovo progetto. Non è solo una liquidazione: è il frutto di anni di lavoro e può diventare una leva per nuove opportunità.