Come ogni anno all’avvicinarsi dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, ovunque è un tripudio di mimose, omaggi e frasi in onore delle donne. Ma qual è la situazione delle donne in Italia oggi, nel mondo del lavoro?
I dati disegnano uno scenario ancora difficile, con 1 donna su 5 (dati Inapp-Plus) che si dimette dopo la nascita del figlio, costretta a scegliere tra famiglia e lavoro. L’occupazione femminile in Italia è del 55%, a fronte di una media UE del 69,3%. Inoltre, si continua a registrare ancora un forte divario salariale di genere. Secondo l’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’Inps, le lavoratrici del settore privato guadagnano quasi 8mila euro in meno dei colleghi uomini. L’Osservatorio JobPricing ha stimato che è come se le donne lavoratrici italiane iniziassero a percepire uno stipendio l’11 febbraio, lavorando regolarmente dal 1° gennaio.
Uguaglianza di genere: servono ancora 131 anni per colmare il divario
A livello globale, l’uguaglianza di genere è tornata ai livelli pre-pandemia, ma secondo il Rapporto globale sulla disparità di genere 2023 del Forum Economico Mondiale il ritmo dei progressi è molto lento: l’anno di raggiungimento dell’uguaglianza di genere previsto è il 2154! Per colmare il divario complessivo tra i sessi saranno necessari 131 anni.
Il Rapporto, giunto alla 17a edizione, analizza l’evoluzione delle disparità basate sul genere in quattro aree: partecipazione economica e opportunità, risultati scolastici, salute e sopravvivenza ed emancipazione politica.
Nel 2023 ci sono stati dei miglioramenti nel livello di istruzione, con 117 Paesi su 146 indicizzati che hanno colmato almeno il 95% di tale divario. Nel frattempo, il divario nella partecipazione economica e nelle opportunità si è ridotto del 60,1% e quello dell’emancipazione politica solo del 22,1%. Al ritmo attuale, ci vorranno 169 anni per la parità economica e 162 anni per quella politica.
Guardando ai paesi più virtuosi, nel 2023, per il 14° anno consecutivo, l’Islanda risulta essere il primo Paese al mondo per uguaglianza di genere e l’unico ad aver colmato oltre il 90% del divario di genere. Sebbene nessun Paese abbia ancora raggiunto la piena parità di genere, i primi nove classificati hanno colmato almeno l’80% del loro divario. Si tratta di: Islanda, Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania.
Qualcosa sta cambiando: un’evoluzione storica
Ma oggi qualcosa sta cambiando, a piccoli passi. Lo conferma l’assegnazione del Premio Nobel per l’economia 2023 a Claudia Goldin (Harvard University), per la sua ricerca sull’occupazione femminile, che ha contribuito a identificare le maggiori determinanti delle differenze di genere che si osservano ancora oggi nel mercato del lavoro di tutti i paesi del mondo. Facendo riferimento ad altri archivi storici, Claudia Goldin è riuscita a reperire informazioni sulla condizione lavorativa delle donne fin dal XIX secolo e la sua ricerca ha permesso di identificare le maggiori variabili che hanno influito sulla partecipazione femminile. Tra queste, per esempio, l’aumento della percentuale di donne con un’istruzione universitaria ha contribuito non soltanto a favorire la partecipazione al mercato del lavoro, ma anche e soprattutto a modificare l’orizzonte temporale dell’attività lavorativa: se all’inizio del ‘900 le donne lavoravano principalmente in occupazioni scarsamente qualificate, a partire dalla metà del secolo la percentuale di donne con un livello di istruzione terziaria è aumentata notevolmente, e le donne hanno iniziato a lavorare anche in professioni più qualificate. A oggi, in molti paesi ad alto reddito la percentuale di donne con un titolo universitario è maggiore di quella degli uomini. Nonostante questo, si osservano ancora sostanziali differenze di genere sia nella partecipazione al mercato del lavoro che nei salari. Altri due fattori sono stati trattati da Claudia Goldin nella sua ricerca: la genitorialità, e la discriminazione di genere.