Essere studente lavoratore significa svolgere contemporaneamente un percorso di studio e un’attività lavorativa. Per molti, è la strada per pagarsi gli studi, guadagnare indipendenza e costruire esperienze che faranno la differenza. Però non sempre è semplice bilanciare impegni universitari, orari di lavoro, esami, vita personale.
Chi è lo studente lavoratore e quali sono i suoi diritti
Lo studente lavoratore è chi è iscritto a un corso di studi riconosciuto (scuola secondaria, università, corsi ufficiali) e nello stesso tempo ha un contratto di lavoro, sia esso subordinato, parasubordinato, lavoro autonomo o impresa. Le università spesso richiedono una documentazione (il contratto di lavoro, rapporto di collaborazione, partita IVA o iscrizione ad albo professionale) per riconoscere questa condizione.
Dal punto di vista della legge, lo Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970, articolo 10) protegge molto lo studente lavoratore. Esso garantisce che il lavoro non impedisca lo studio: vengono previsti turni di lavoro compatibili con le lezioni, permessi retribuiti per sostenere gli esami, divieto di lavoro straordinario nei periodi di raffronto con gli obblighi accademici, rispetto dei giorni di riposo.
Un altro diritto importante è quello dei permessi per studio. Quando si ha un esame, presentando la certificazione dell’università che attesti luogo, giorno e sede dell’esame, lo studente lavoratore ha diritto a giorni retribuiti per sostenere quell’esame, anche se l’esame ricade fuori dall’orario di lavoro. Non serve che l’esame sia andato bene: conta solo che lo si debba sostenere.
Vi sono poi altri strumenti per conciliare studio e lavoro. L’università può offrire modalità flessibili: corsi serali, lezioni online, modalità e-learning, frequenza part-time per evitare di diventare “fuori corso”. Queste agevolazioni universitarie, a volte previste anche nei regolamenti interni, aiutano a non dover rinunciare agli esami per eccessivo carico lavorativo.
Come cambiare il permesso di soggiorno da studente a lavoratore
Chi è straniero e ha un permesso di soggiorno per motivi di studio, tirocinio o formazione professionale può chiedere che questo permesso venga convertito in permesso per lavoro subordinato o autonomo, se soddisfa certi requisiti di legge. Fra i requisiti principali c’è che il permesso per studio sia valido o in fase di rinnovo, che l’offerta di lavoro subordinato preveda almeno un certo numero di ore (superiore a 20 ore settimanali), che la proposta di contratto includa mansioni, CCNL, orario e luogo di lavoro. Per il lavoro autonomo serve mostrare di avere i requisiti necessari per l’attività proposta, come l’iscrizione alla Camera di Commercio o all’Albo, e la disponibilità finanziaria minima se richiesta.
La domanda di conversione si presenta tramite lo Sportello Unico per l’Immigrazione della provincia di residenza, attraverso il portale del Ministero dell’Interno. Serve allegare documenti come il permesso di soggiorno in corso, passaporto, proposta di contratto, autocertificazioni relative al datore di lavoro se necessario, certificazioni sull’alloggio idoneo se richiesto, documenti che attestino i requisiti previdenziali/fiscali dove necessario.
Quando la conversione è approvata, si ottiene il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Nel frattempo, è possibile che lo studente possa svolgere attività lavorativa anche prima della conversione, entro certi limiti orari, come previsto dalla normativa vigente, se si possiede il permesso per motivi di studio.
Come diventare studente lavoratore: cosa fare concretamente
Diventare studente lavoratore richiede una certa organizzazione. Prima di tutto serve essere iscritti a un corso riconosciuto (università, scuola, corso professionale) e avere un contratto o attività lavorativa.
Se la modalità è quella del contratto di lavoro dipendente, servono le mansioni, l’orario, e il rispetto del CCNL applicabile. Per lavoro autonomo, serve avere la partita IVA o essere iscritti ad albo/professione, documenti fiscali, iscrizione all’ente previdenziale competente.
Dopo aver definito il rapporto di lavoro, lo studente dovrà presentare all’ateneo la domanda per il riconoscimento dello status di studente lavoratore, allegando il contratto o documentazione che attesti l’attività lavorativa. Questo riconoscimento serve a fruire delle agevolazioni previste sia dalla normativa nazionale sia dal contratto collettivo applicabile.
Studiare in modalità online o telematica può essere una soluzione vincente per chi lavora, perché permette di accedere alle lezioni, fare gli esami, organizzare lo studio in orari più flessibili. Alcune università telematiche offrono proprio questo tipo di flessibilità: programmi asincroni, materiali sempre disponibili, esami che possono essere calendarizzati tenendo conto dei carichi lavorativi.
Quali sono i vantaggi pratici
Essere studente lavoratore comporta degli sforzi extra, ma offre anche benefici reali. I permessi retribuiti per sostenere gli esami liberano tensione nel momento difficile delle prove; la possibilità di avere turni compatibili con le lezioni o di evitare straordinari nei momenti in cui è richiesto studiare permette di non scegliere tra lavoro e studio ma cercare di far convivere entrambi. Le università che riconoscono lo status possono fornire supporti aggiuntivi (per esempio modalità part-time, esoneri, servizi dedicati) che alleggeriscono il carico economico e logistico.
Quali sfide e cosa serve per farcela
Se probabilmente studiare farà guadagnare di più in futuro, coniugare studio e lavoro non è facile: serve disciplina, organizzazione, chiarezza nei rapporti con il datore di lavoro e con l’università. Può capitare che il lavoro chieda disponibilità non compatibili con orari universitari, che alcune normative contrattuali non siano applicate in modo uniforme, che il riconoscimento dello status di studente lavoratore nell’ateneo sia lento o richieda documenti precisi. Per chi è straniero, la conversione del permesso di soggiorno introduce procedure burocratiche, tempi di attesa, documenti da raccogliere.
È importante informarsi con anticipo, conoscere il contratto collettivo nazionale applicabile al proprio settore e verificare le regole della propria università.
Conoscere i propri diritti e muoversi con consapevolezza tra università e lavoro possono fare la differenza