Sopravvivere al lavoro

Mobbing sul lavoro: guida completa con esempi pratici

C’è qualcosa che stona nell’aria, forse è solo una sensazione? La pausa caffè si fa tesa, il tono di voce del capo diventa inspiegabilmente secco, le mansioni “spariscono”, passano al collega senza spiegazioni, o diventano umilianti. Se andare in ufficio provoca disagio, nervosismo o un vero e proprio malessere, potrebbe non essere solo una sensazione o una giornata complicata. Potrebbe trattarsi di mobbing.

Il mobbing sul lavoro è una forma di pressione psicologica costante, sistematica e mirata a danneggiare il lavoratore, spesso fino a portarlo all’isolamento o a dare le dimissioni. Non è sempre facile da riconoscere, ma è importante imparare a farlo: sapere cos’è il mobbing e come affrontarlo significa proteggersi e costruire un futuro più sano e dignitoso.

 

Che cos’è il mobbing: definizione e caratteristiche

Secondo la definizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il mobbing è “un insieme di comportamenti aggressivi e persecutori, esercitati in modo sistematico e prolungato sul luogo di lavoro” (fonte MEF).

A renderlo tale non è un singolo evento spiacevole, ma la ripetitività e l’intenzionalità. Il lavoratore diventa bersaglio di esclusione, attacchi verbali, delegittimazione, isolamento, spostamenti immotivati di mansioni o turni, spesso con l’obiettivo di farlo “scoppiare” o andarsene spontaneamente.

Può avvenire tra colleghi, tra superiori e subordinati, oppure anche in modo trasversale. Ed è importante distinguere il mobbing da semplici conflitti o incomprensioni: ciò che conta è la durata, la sistematicità e l’impatto psicologico sul lavoratore.

 

Esempi pratici di mobbing: quando il limite è superato

Immaginiamo una situazione in cui un dipendente, rientrato da un periodo di congedo per motivi personali o familiari, venga improvvisamente escluso dalle riunioni, privato di strumenti di lavoro e affidato a mansioni ben al di sotto delle sue competenze. Sembra assurdo? Eppure succede, specie quando si parla di rientri delicati, come nel caso delle neo-mamme tornate in ufficio dopo la maternità. In questo articolo si parla proprio del difficile rientro delle lavoratrici dopo il congedo, e il mobbing può essere uno degli ostacoli più pesanti da affrontare.

Un altro scenario tipico: il dipendente che comincia a ricevere continue critiche immotivate, viene escluso da momenti informali, non riceve più feedback né informazioni essenziali. In alcuni casi, si trova davanti a una vera e propria strategia aziendale non dichiarata, nota come quiet firing. Anche se meno evidente, questo comportamento è dannoso quanto il mobbing, e se ne parla bene in questo approfondimento sul licenziamento silenzioso.

 

Mobbing e salute: quando il lavoro diventa tossico

Le conseguenze del mobbing non sono solo professionali. Chi subisce queste dinamiche spesso va incontro a stress cronico, insonnia, calo dell’autostima, disturbi d’ansia e persino depressione. In casi estremi, le ripercussioni possono estendersi anche alla vita personale e familiare, fino a compromettere del tutto l’equilibrio psico-fisico.

Non sorprende che molte persone, pur riconoscendo la tossicità dell’ambiente, restino bloccate per mesi o anni nella stessa situazione, temendo il giudizio, la perdita del lavoro o la difficoltà di reinserirsi in un nuovo contesto.

Eppure, ci sono strumenti e possibilità per affrontare il problema. Prendere consapevolezza è il primo passo. E a volte anche un’opportunità per ripartire con maggiore lucidità e determinazione.

 

Come reagire: tra documentazione, alleati e nuove opportunità

Chi sospetta di essere vittima di mobbing dovrebbe iniziare a documentare tutto: email, messaggi, turni cambiati all’improvviso, testimonianze di colleghi, certificati medici legati allo stress. Questa raccolta può diventare fondamentale nel caso si scelga di rivolgersi a un legale o ai sindacati. Non dimentichiamo che il mobbing può essere considerata una “giusta causa” per le dimissioni.

Nel pubblico, esistono anche i CUG, Comitati Unici di Garanzia, presenti in molte pubbliche amministrazioni, che si occupano di tutelare i lavoratori da discriminazioni e molestie sul lavoro.

Ma oltre agli strumenti di tutela legale, può essere utile guardare anche al proprio percorso con una prospettiva nuova e cambiare lavoro. Molte persone, dopo esperienze di mobbing, decidono di rimettersi in gioco, cambiare settore, formarsi in nuove competenze e tornare sul mercato del lavoro con maggiore consapevolezza. 

Chi è vittima di mobbing spesso si chiede: “Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sono io il problema?”. La verità è che no, non è colpa del lavoratore. La responsabilità è sempre di chi mette in atto comportamenti scorretti, e il primo passo per uscirne è riconoscerli per quello che sono.

Chiedere aiuto non è debolezza, ma forza. Parlarne, farsi affiancare da chi può supportare, cercare nuove strade professionali: tutto questo significa scegliere di stare dalla propria parte.

In un mondo del lavoro in costante evoluzione, identificare il mobbing è un atto di consapevolezza e difesa. Per trovare nuove opportunità o uscire da una situazione difficile, ci sono risorse, reti e possibilità per ripartire.

Ti è paciuto questo articolo?

Se vuoi rimanere aggiornato sulle novità del mondo del lavoro: Iscriviti a InfoJobs

Lascia un Commento

Il commento è stato inviato con successo. Sarà pubblicato dopo la revisione del Team di InfoJobs.
Si è verificato un errore durante l'invio del commento. Si prega di riprovare.

Articoli Correlati