In un mercato del lavoro sempre più attento al work-life balance, il congedo parentale rappresenta un tema centrale: è quel periodo di tempo previsti dalla legge che consente ai lavoratori e alle lavoratrici di assentarsi dal lavoro per prendersi cura dei propri figli nei loro primi mesi di vita.
Nel congedo parentale o congedo familiare, rientrano tutte le tutele previste per le donne durante i due mesi precedenti la data presunta del parto e fino a tre mesi dopo il parto (congedo di maternità), e per i padri lavoratori che hanno diritto a 10 giorni di congedo di paternità obbligatorio per stare vicini al neonato e alla madre. Per entrambi i genitori il diritto di assentarsi per periodi di tempo anche frazionati di massimo 10 mesi.
Alcune novità normative hanno previsto di estendere il congedo di paternità
Nonostante i progressi normativi, il dibattito resta vivo: è sufficiente una buona legge o serve una rivoluzione culturale? Vediamo cosa prevede la normativa sul congedo parentale per i padri.
Congedo parentale: cosa dice la normativa
Con la Legge di Bilancio 2025 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2024), l’Italia ha rafforzato il proprio impegno verso il sostegno alle famiglie, introducendo misure innovative per il congedo parentale e il congedo di paternità. Dal 2025, i lavoratori dipendenti possono beneficiare di:
Congedo parentale retribuito all’80% per tre mesi, da utilizzare entro il sesto anno di vita del bambino.
La possibilità di accedere a un mese aggiuntivo di congedo parentale se il padre prende almeno tre mesi di permesso, portando il totale familiare a 11 mesi.
Queste misure mirano non solo a supportare economicamente i genitori, ma anche a incentivare una maggiore partecipazione dei padri alla cura dei figli.
Fino al 2024, il congedo parentale prevedeva solo due mesi retribuiti all’80%, mentre i mesi successivi erano indennizzati al 30%. Con la nuova misura, il governo ha deciso di rendere strutturale l’indennità maggiorata estendendo a tre mesi la durata del congedo con il massimo del rimborso salariale.
Questa modifica si applica ai genitori che usufruiscono del congedo parentale entro i primi 6 anni di vita del bambino, con un massimo di tre mesi retribuiti all’80%. Per i restanti 6 mesi, invece, l’indennità scende al 30% della retribuzione.
Per il periodo restante, il congedo si può richiedere ma non è retribuito. Quindi, salvo particolari condizioni reddituali, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro ma non allo stipendio.
Resta poi valida la possibilità per la madre lavoratrice di fruire di un congedo per un massimo di 6 mesi e fino a quando il figlio non compie 12 anni. Similmente, anche il padre può godere dello stesso diritto.
È da notare, inoltre, che nel caso il bambino abbia un solo genitore, quest’ultimo ha diritto a richiedere un congedo parentale totale pari a 11 mesi.
Chi paga il congedo parentale?
È l’INPS a farsi carico delle indennità, sollevando i datori di lavoro dal peso economico. Questo avviene attraverso la contribuzione previdenziale, garantendo così un sistema sostenibile sia per le famiglie che per le imprese.
Come richiedere il congedo parentale
Per accedere al congedo di paternità, il lavoratore deve seguire una procedura precisa:
- Domanda all’INPS: La richiesta deve essere presentata tramite il portale INPS utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS.
- Notifica al datore di lavoro: È obbligatorio informare l’azienda con un preavviso minimo di cinque giorni.
- Documentazione necessaria: Bisogna fornire un’autocertificazione che attesti la nascita del bambino e indicare i periodi in cui si intende usufruire del congedo.
La finestra temporale per richiedere il congedo parentale varia, ma è importante sottolineare che il diritto è garantito fino al compimento dei 12 anni del figlio, con retribuzione decrescente nei periodi facoltativi.
Quanti giorni di congedo parentale per i padri?
Attualmente, i padri possono beneficiare di:
- 10 giorni obbligatori di congedo di paternità retribuiti al 100%, da utilizzare entro i primi cinque mesi dalla nascita del figlio.
- 6 mesi facoltativi condivisibili con la madre, retribuiti al 30%.
- Un mese aggiuntivo retribuito all’80%, se il padre utilizza almeno tre mesi di congedo parentale.
Queste possibilità si aggiungono ai permessi previsti per eventi familiari, come malattie o necessità straordinarie, garantendo una maggiore flessibilità ai genitori lavoratori.
Congedo di paternità e cultura: un cambiamento lento
Nonostante le agevolazioni normative, in Italia il congedo di paternità non è ancora una pratica diffusa. Secondo i dati più recenti, meno del 20% dei padri utilizza i congedi parentali facoltativi, un dato che riflette barriere culturali piuttosto che ostacoli legislativi.
La figura paterna è spesso ancora vista come il principale sostentamento economico della famiglia, un retaggio che fatica a lasciare spazio al ruolo di caregiver. Questo influisce negativamente sia sul coinvolgimento diretto nella vita familiare sia sulla parità di genere nel lavoro domestico, che rimane largamente sulle spalle delle donne.
Per superare questi stereotipi, è fondamentale promuovere una cultura aziendale inclusiva, che valorizzi il ruolo dei padri nella cura dei figli e incoraggi un uso equo dei congedi parentali, anche per favorire il rientro delle neomamme al lavoro.
Le aziende hanno un ruolo chiave nel promuovere l’adozione del congedo di paternità. Offrire un ambiente lavorativo favorevole, che sostenga i lavoratori nella scelta di usufruire di permessi, può fare la differenza.
Un buon esempio arriva dai paesi scandinavi, dove politiche mirate e campagne di sensibilizzazione hanno reso il congedo di paternità una norma sociale. In Italia, una strada simile potrebbe incentivare una maggiore adesione, contribuendo al miglioramento del work-life balance per entrambi i genitori.
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