Lavoro e tempo libero vanno tenuti rigidamente separati? Forse sì, forse no, dipende dalle scelte individuali; di fatto sta emergendo una nuova tendenza, quella di lavorare in vacanza, cioè dal luogo di vacanza. In Italia sono sempre di più gli “holiday workers”, cioè coloro che scelgono di lavorare viaggiando e conciliare gli impegni professionali con una vacanza.
Lo confermano i dati Istat pubblicati: l’istituto nazionale di statistica ha rilevato per la prima volta i dati relativi alla popolazione residente che va in vacanza e, contemporaneamente, lavora. Il risultato? Nel 2022 il 9,7% dei vacanzieri ha lavorato dal luogo di villeggiatura in una qualsiasi modalità di lavoro da remoto (telelavoro, smartworking o lavoro agile). Cioè quasi un viaggiatore su 10 lavora dal luogo di vacanza.
La propensione a lavorare in vacanza è maggiore tra i turisti occupati maschi (10,4%) rispetto alle donne (8,8%) e tra i residenti nelle regioni del Nord-ovest (12,1%, contro il 5,5% del Mezzogiorno). Inoltre la quota di holiday workers è oltre tre volte maggiore tra coloro in possesso di laurea o titolo superiore (18,5%) rispetto a chi ha titoli di studio più bassi.
Quanti sono gli holiday worker e quali professioni svolgono?
Lavoro e vacanza si incontrano
L’ampia diffusione del lavoro da remoto in questi anni, spinta anche dalla pandemia da COVID-19, ha permesso a molti di combinare due elementi storicamente contrastanti, la vacanza da un lato e il lavoro dall’altro, alimentando un fenomeno definibile come workation o holiday working. Si tratta della possibilità di svolgere il proprio lavoro dal luogo di vacanza, unendo il lavoro al piacere di viaggiare.
Il risultato è la combinazione di lavoro da remoto e vacanza, realizzata dagli occupati che lavorano da una località scelta come meta di viaggio. A differenza di un viaggio svolto per motivi professionali, trattasi di un viaggio effettuato per motivi personali (piacere/relax, visita a parenti/amici, motivi religiosi, trattamenti di salute) durante il quale è praticata anche l’attività lavorativa.
Lavorare viaggiando: si può fare?
Prima della pandemia, lavorare viaggiando svolgendo le proprie mansioni dal luogo di villeggiatura era un fenomeno limitato ad alcune tipologie di liberi professionisti e lavoratori della conoscenza; l’accelerazione dell’adozione del lavoro a distanza lo ha reso accessibile a un pubblico più ampio diventando una possibile nuova tendenza nel settore del turismo.
Quindi la risposta è sì, combinare lavoro e vacanza si può fare, compatibilmente con la professione che si svolge e con il contratto stipulato con il proprio datore di lavoro.
Quali sono i lavori che permettono di viaggiare
L’incidenza dell’holiday working tra i lavoratori autonomi (16,5%) è più del doppio di quella dei lavoratori alle dipendenze (7,7%). Tra questi ultimi, il fenomeno riguarda in misura maggiore i dirigenti (37,2%) e, tra gli autonomi, gli imprenditori (37%).
Sono gli occupati nei settori “Servizi di informazione e comunicazione” (30,5%) e “Attività finanziarie e assicurative” (22,8%) a dichiarare più frequentemente di aver lavorato dal luogo di vacanza: si tratta soprattutto di professioni appartenenti al primo grande gruppo professionale “Legislatori, dirigenti e imprenditori” (33%) e al secondo “Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione” (16,5%).
Holiday worker vs nomadi digitali: le differenze
Diverso è il caso dei nomadi digitali. Come sottolinea il Terzo Report sul Nomadismo Digitale in Italia, nonostante la sua forte rilevanza mediatica e le sue dimensioni e impatti. Spesso si pensa ai nomadi digitali puramente come giovani viaggiatori che decidono di “mollare tutto e partire all’avventura, inseguendo il sogno di vivere costantemente in giro per il mondo lavorando online”.
Come accade spesso con i fenomeni di portata sociale, in realtà il nomadismo digitale è un fenomeno molto più ampio e complesso.
Si può sottolineare che, a differenza dei turisti tradizionali e degli holiday worker che lavorano dal luogo di vacanza per un lasso di tempo predefinito (per esempio una settimana, un mese, i tre mesi estivi, ecc), i nomadi digitali hanno l’esigenza di creare un senso di appartenenza nei luoghi dove scelgono di spostarsi.
Il nomade digitale, diversamente dal turista che è un “visitatore temporaneo”, diventa a tutti gli effetti un nuovo “abitante temporaneo” delle comunità dove sceglierà di soggiornare senza vincoli temporali prestabiliti. L’Italia si sta muovendo, anche dal punto di vista burocratico, per creare le migliori condizioni e attrarre i talenti anche dall’estero, e ha infatti previsto un visto specifico per questa categoria di lavoratori.
Se vorresti diventare un nomade digitale e non sai da che parte iniziare, ecco qualche consiglio.
Work from anywhere, un nuovo trend
Con lavoro da remoto si intende il telelavoro, lo smartwork o il lavoro agile effettuati sia dagli autonomi, sia dai dipendenti. In quest’ultimo caso, l’attività può essere svolta sia durante l’orario di lavoro sia in altro orario, tutto dipende dal contratto e dall’accordo stipulato con il proprio datore di lavoro. Inoltre, per lavorare “ovunque” bisogna disporre di una buona connessione internet e degli strumenti adatti, in primis quelli tecnologici. Li fornisce l’azienda? Prima di dare per scontato il fatto di poter lavorare viaggiando, è bene che tutti questi dettagli siano chiariti e messi nero su bianco.
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