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“Tu non sai che lavoro faccio io” … o forse sì?

Nell’ultimo anno la casa è diventata sempre più multitasking: da spazio adibito al relax a ufficio, talvolta anche con postazioni improvvisate in angoli del salotto o della cucina. Ma com’è vivere da smart worker o con chi lo fa, anche saltuariamente? 

Lo abbiamo chiesto ai nostri utenti e il primo dato significativo ci racconta che nell’ultimo anno il 63,6% degli Italiani ha condiviso con familiari e/o conviventi momenti di smart working, o direttamente o perché lo ha fatto chi vive sotto lo stesso tetto.

Finalmente ho capito che lavoro fai

L’aver affiancato involontariamente familiari o coinquilini nella sfera professionale ha contribuito a far comprendere maggiormente il loro lavoro, perché si sono capite cose che prima proprio non si sapevano (30%) o perché prima di questa “prova” ci si immaginava una realtà professionale molto diversa da quella reale (15,4%).

Per il 28,8%, la vita lavorativa è stata invece confinata senza osmosi con quella privata, complici gli spazi molto ben separati.

Ma se il connubio casa-lavoro altrui c’è stato, si è rivelato molto utile soprattutto per far comprendere diversi aspetti: le capacità professionali e il valore delle persone care nel luogo di lavoro (36%), poter rispondere finalmente alla domanda: “ma tu… alla fine, che lavoro fai?” (26,7%) o semplicemente comprendere motivi di stress da lavoro e preoccupazioni che chi vive con noi manifesta (20,5%)e le dinamiche interne e le relazioni con i colleghi (16,8%).

Aver provato la vita “smart”, ha certamente avuto un impatto sui rapporti interpersonali, di qualsiasi natura.
Ad esempio per il 31,5% ha permesso di trascorrere più tempo insieme, riuscendo a conciliare le esigenze e facendo cose prima irrealizzabili, come pranzi o colazioni a prova di spot tv. La nuova normalità ha creato un terreno fertile per  argomenti di confronto e scambio (21,7%), ma ha anche rafforzato la complicità (21,3%).

I rumori della vita

In questo quadro apparentemente molto positivo non mancano le complessità che si manifestano in particolare (44,4%) nella difficoltà di godere in libertà dello spazio domestico senza timore di presenziare inconsapevoli nelle videocall altrui o di disturbare con i “rumori della vita” in sottofondo. Per il 28,9% il problema maggiore è stata la necessità di organizzare chirurgicamente tempi e spazi per non intralciare o essere intralciato.

Potrebbe, infine, sembrare che i litigi e le discussioni lavorative impattino con più facilità la vita privata quando entrambe sono sotto lo stesso tetto, ma è di questa opinione solo il 9,6%.

Brainstorming in famiglia

Al contrario, l’incontro lavoro-vita privata ha fatto sì che il 35% delle persone abbia supportato partner/familiari o coinquilini a districarsi su temi lavorativi. Il parere è stato richiesto soprattutto per trovare un’idea (24,6%) con una sorta di brainstorming familiare.
E spesso  il collega o il capo, non sanno che se i rapporti lavorativi sono migliorati è grazie ai consigli del partner/familiare/convivente del collega (22,4%).


E che dire delle “prove” fatte in casa prima di presentare un lavoro al proprio capo? Utilissimo per il 20,4% delle persone. D’altra parte, invece, per il 33,4% il lavoro è un argomento tabù e non se ne discute in casa.

Un dato è però certo: se il supporto “da casa” per un tema di lavoro c’è stato, ha portato buoni frutti per il 68%!
Tirando le somme dell’esperienza vissuta il 40,8% è d’accordo sul mantenere l’opzione casa-lavoro per il futuro, ma con cautela.

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*Indagine realizzata da InfoJobs a maggio 2021 su un campione di 5.395 candidati

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  • Faccio l assistente alla poltrona in uno studio dentistico quindi per me niente smart working

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